Di seguito la nota del Comitato Magna Graecia.
“L’attuale disposizione dello scacchiere elettorale ci propone una Regione suddivisa su tre collegi che ricalcano, pedissequamente, la perimetrazione delle tre province storiche. Vengono assegnati 9, 8 e 7 consiglieri rispettivamente al collegio Nord, Centro e Sud. I rimanenti 6 seggi vengono così suddivisi: cinque come premio di maggioranza ed uno al secondo classificato come candidato a Presidente. Il Presidente eletto compone il trentunesimo scranno del Consesso.
Tuttavia, osservando la concentrazione della Deputazione regionale degli ultimi 20 anni, è facilmente riscontrabile una marcata rappresentatività dell’area valliva della provincia di Cosenza, dell’area dell’Istmo e delle Serre ed ancora nella striscia dello Stretto, per una concentrazione pari ad una forbice compresa tra il 70/80% dei Consigli regionali, almeno dalla riforma elettorale del 2000 con elezione diretta del Presidente.
Ancorché questo, stride già una particolarità condita tutta in salsa calabrese. I tre collegi, infatti, rappresentano amministrativamente le due Aree Vaste del centro e nord Calabria e l’Area Metropolitana di Reggio. Ci chiediamo quale sia la logica a giustifica del fatto che un’Area Metropolitana, la quale dovrebbe essere rappresentazione plastica di una demografia maggiore rispetto le Aree Vaste, abbia poi un numero di Consiglieri assegnati inferiore agli altri due collegi che, invece, non racchiudono demografia di tipo metropolitano. Delle due l’una! O probabilmente siamo davanti ad una palese contraddizione in termini.
Ed ancora, anche i meno avveduti osserverebbero che l’area dell’Arco Jonico, forzatamente, inglobata nei contenitori Nord e Centro, storicamente, langue di effettiva rappresentanza o comunque si caratterizza per una rappresentanza che non rispetta il coefficiente regionale considerato in 1 Consigliere ogni circa 65mila aventi diritto.
Inoltre va considerato che al pari della disomogeneità territoriale dei Collegi Nord e Centro (Qualcuno dovrebbe spiegarci le affinità tra le aree vallive del Crati e del Pollino, così come dell’Istmo e delle Serre con gli ambiti del Crotonese e della Sibaritide), resta lo scriterio di aree, oggettivamente, elefantiache che l’aspirante Candidato non può gestire in un mese di campagna elettorale.
Si pensi al trambusto nel percorrere, in lungo ed in largo, un territorio che si estende da Crucoli a Nicotera così come da Soveria Mannelli ad Isola di Capo Rizzuto. E parimenti dicasi spostarsi da Rocca Imperiale a Campora o da Tortora a Cariati. L’operazione si comprenderà è tutt’altro che semplice, anzi, squisitamente rispondente a logiche di natura centralista, atteso che, alla fine, la concentrazione sarà comunque dedicata ai contesti delle principali aree urbane. Va da sé che i triangoli Castrovillari-Cosenza-Paola e Catanzaro-Lamezia-Vibo avranno la meglio rispetto al resto dei rispettivi collegi.
Il problema sarebbe di facile risoluzione se si trovasse il coraggio di porre mano alla revisione degli ambiti elettorali appagando i criteri che la democrazia prevede, ovvero che tutte le aree abbiano una rappresentanza media di un Consigliere regionale ogni circa 65mila aventi diritto al voto. Solo così, lo Jonio potrebbe avviarsi all’effettivo riconoscimento a concorrere e sentirsi parte combinata di un sistema regionale.
Pertanto, un collegio che riproponga circa la perimetrazione già optata per la Camera dei Deputati, dove sono stati assemblati gli ambiti del Crotoniate, della Sila e del Pollino di levante, la Sibaritide e la Federiciana, ovvero l’ambito dell’Arco Jonico Magnograeco, permetterebbe al territorio di contare su un numero di almeno 5 Rappresentati in seno al Consiglio regionale. Tale integrazione inserirebbe l’area nel più ampio sistema di rappresentanza regionale, allontanando dalla stessa lo spettro di appendice piegata ad un teorema elettorale fatto di figli e figliastri, con crescita di alcuni contesti e soccombenza di altri.
Tutto il resto è fuffa e qualunquismo rientrante, di diritto, nella peggiore tipologia di centralismo, patologia che affligge la Calabria sin dalla sua istituzione amministrativa, a tal punto da aver creato un concetto di regionalismo contorto e deviato a danno di alcuni territori, marginalizzati, scarsamente rappresentati e resi larva di loro stessi.”