Cinque ore di Camera di consiglio per il processo Aemilia, 118 imputati e quasi 700 anni di condanne, questi i numeri del maxi processo scaturito dall’omonima operazione del gennaio 2015.

Quasi 700 anni di condanna per 91 dei 118 imputati, con 27 tra assoluzioni, proscioglimenti e prescrizioni, a fronte di 1.092 anni complessivi chiesti dalla procura generale.

Il 31 ottobre 2018, al termine del primo grado celebrato a Reggio, le condanne sommate arrivavano a 1.223 anni, anche se gli imputati erano allora 148 e le assoluzioni erano state 25.

La  Corte d’Appello di Bologna ha ridotto le pene nei confronti delle persone ritenute aver organizzato, favorito e appoggiato il radicamento della ramificazione della cosca ‘ndranghetista Grande Aracri in Emilia, in particolare a Reggio Emilia, negli ultimi 30 anni.

 La lettura del dispositivo della sentenza di secondo grado è durata un’ora e mezzo e la corte presieduta dal giudice Alberto Pederiali. La sentenza è stata emessa nell’aula bunker del carcere della Dozza di Bologna. In contemporanea, in ossequio alle norme antiassembramento, la stampa era riunita nell’aula Bachelet del tribunale sempre a Bologna, collegata in videoconferenza con la Dozza.

Tra gli imputati principali, è passato da 19 a 16 anni di condanna Francesco Amato, il sequestratore delle Poste di Pieve Modolena; da 38 a 22 anni Gaetano Blasco; da 37 a 21 anni Michele Bolognino, l’unico tra i capi dell’organizzazione ad aver scelto il filone dibattimentale; da 19 a 13 anni Giuseppe Iaquinta, mentre per il figlio, il campione del mondo di calcio Vincenzo, la condanna a 2 anni è stata confermata per reati di armi, anche se i giudici gli hanno concesso il beneficio della sospensione condizionale. Venendo agli imprenditori reggiani accusati di aver fatto affari o di essersi affidati alla cosca per il recupero crediti, passa da 13 a 9 anni la condanna per Omar Costi e da 4 anni e 6 mesi a 3 anni quella per Mirco Salsi che quindi, pur ricorrendo in Cassazione (cosa già annunciata dal suo avvocato Noris Bucchi), non andrà in carcere in virtù del tempo già scontato ai domiciliari. Dall’appello in mattinata era stata stralciata la posizione di Gianluigi Sarcone, che aveva chiesto la ricusazione di un giudice. La richiesta era stata dichiarata inammissibile ma la Cassazione ha annullato e quindi si dovrà pronunciare un altro collegio il prossimo 16 gennaio.