“Negli ultimi anni ci si interroga sempre più spesso se la vocazione turistico ricettiva possa essere il volano di rilancio e se, si possa valorizzare il patrimonio esistente costituito principalmente da palazzi nobiliari e chiese antiche facendolo coesistere con la nascita di nuove strutture ricettive come ad esempio: bed and breakfast e attività di ristorazione e intrattenimento. I concetti di valorizzazione e coesistenza senza un’adeguata regolamentazione non danno la possibilità di armonizzazione dei luoghi.
Per interpretare meglio il fenomeno bisogna innanzitutto definire ciò che La Cassazione ha spiegato in merito al decoro architettonico, e cioè che non è altro che l’estetica «data dall’insieme delle linee e delle strutture architettoniche che connotano il fabbricato e che gli imprimono una determinata, armonica fisionomia».
Gli ermellini oltretutto spiegano che l’alterazione del decoro si verifica nell’ipotesi in cui si realizzino opere che pur modificando l’aspetto originario soltanto per alcuni elementi o punti dell’edificio siano tali da riflettersi sull’insieme del suo aspetto. E ciò, a prescindere dall’eventuale pregio artistico dell’edificio. Sicché, anche un palazzo antico, di periferia o senza alcun pregio estetico può avere un suo decoro architettonico. Il decoro è, infatti, la conformità del palazzo alla sua originaria concezione. Ogni opera che realizzi il classico “pugno nell’occhio” rispetto all’uniformità del palazzo può essere considerata una violazione del decoro architettonico.
A tal fine, quindi, un edifico ristrutturato attiguo ad un bene storico o il colore nettamente diverso dal resto può realizzare una violazione dell’estetica tanto in un edificio del centro storico quanto della periferia o di una zona residenziale. Il decoro architettonico non è quindi un concetto legato semplicemente al gusto o all’estetica, che sono chiaramente soggettivi, ma deriva dal raffronto dell’opera in contestazione con l’intero edificio e con la sua originaria struttura.
La violazione del decoro architettonico viene valutata alla luce delle condizioni dello stabile al momento dell’opera in contestazione. Sicché, se lo stesso risulta essere stato interessato già da precedenti interventi che ne hanno alterato la fisionomia, non sarà certo l’ultimo di questi ad essere responsabile per l’alterazione.
I piccoli interventi non creano alterazione del decorso. A pesare è solo l’alterazione visibile e significativa della particolare struttura e della complessiva armonia che conferiscono all’edificio una propria specifica identità.
Quindi nel complesso il comitato del centro storico non può far altro che rilevare, la necessità e l’urgenza, come già precedentemente suggerito all’amministrazione, l’esigenza di sollecitare alla sovrintendenza il vincolo paesaggistico, di dotarsi di un piano colore adeguato per il rispetto del decoro architettonico e di una visione chiara e concreta della destinazione d’uso del centro storico.”
Comitato del centro storico