La presenza sul territorio calabrese di circa duemila mulini a pietra è un patrimonio storico
ed economico che non può essere lasciato improduttivo e all’incuria.
Un tempo fortemente utilizzati, in particolare per la macinazione del grano e del mais, più
in generale del frumento e la trasformazione dei semi in farine, era considerata
un’industria a cielo aperto.
Questa nostra storia molitoria antichissima deve sollecitare la Giunta Regionale della
Calabria all’approvazione di una legge e definirne un quadro normativo per la tutela,
conservazione, restauro e valorizzazione dei mulini storici a pietra, anche di quelli ancora
attivi.
Pino Campisi (Presidente di Acli Terra Calabria) e Valerio Caparelli (Presidente
dell’associazione Comunità dei grani antichi e dei mulini a pietra), assieme ai soggetti
promotori e al partenariato, sostengono che un significativo sviluppo locale e della tutela
ambientale possa realizzarsi anche attraverso azioni di rilancio del settore molitorio
storico, azionato sia ad acqua che elettrico con macine in pietra.
Questa azione sarebbe un punto di rilancio propositivo per le potenzialità e identità
territoriali, considerando che circa venticinque mulini a pietra, sia ad acqua che elettrici,
sono ancora funzionanti e attivi e producono farine di altissima qualità.
La legge, secondo Campisi e Caparelli, porterebbe una positiva regolamentazione per la
difesa di beni ambientali, storici e dell’archeologia industriale, nonché per il riuso e la
tutela dei mulini a pietra attivi, la salvaguardia di una cultura pre-industriale di notevole
importanza storico-economica e produttiva.
Inoltre, anche gli antichi mulini ad acqua possono trasformarsi in luoghi storico-culturali-
ambientali, sentinelle strutturali nel mondo antropologico-rurale.
Sarebbe una ritrovata opportunità nel quadro delle produzioni agricole in grado di
mantenere redditività e nello stesso tempo salvaguardare e valorizzare l’ambiente naturale
e il territorio in cui operano.
Gli interventi previsti dalla legge per promuovere la salvaguardia, la rigenerazione, nonché
il ripristino, il restauro il patrimonio architettonico-paesaggistico e la conservazione dei
mulini storici ad acqua, vengono finalizzati non soltanto ad un principio di conservazione
strutturale, ma anche alla riacquisizione da parte del mulino della sua completa funzione
sociale e funzionalità, compresa la ricerca scientifica sul valore del cibo, così come previsto
dalla proposta di legge.
In tal senso, risulta molto utile l’opportunità di coniugare indagini scientifiche, tipicamente
afferenti alle discipline Stem (in italiano Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica,
ndr), con quelle classiche inerenti alle tradizioni e alla storia dei mulini, oltre ad indagare,
facendo uso di approcci scientifici moderni, le proprietà nutraceutiche che possono
risiedere tanto nelle materie prime selezionate per le lavorazioni quanto nei processi con
particolare riferimento alla molitura tradizionale.
Il mulino ad acqua, con le sue macine in pietra, potrebbe divenire luogo in cui si
trasformano quelle produzioni locali tipiche del territorio e sede di molteplici iniziative di
cultura enogastronomica che, utilizzando il richiamo della “visita al mulino ad acqua”,
diventi messaggio di valorizzazione della cultura materiale storica di quel determinato
territorio e contribuisca a sviluppare innovative e contemporanee forme di restanza, per
come ci sollecita una letteratura propositiva e propulsiva di antropologia territoriale.
La Regione Calabria, nella legge da emanare, potrà individuare anche finanziamenti
comunitari e del PNRR, sia per i Comuni che per i privati.
I Soggetti promotori ACLI Terra Calabria e Associazione “Comunità dei grani antichi e
mulini a pietra”, insieme ai componenti del partenariato, composto da UCID Calabria,
AIAMS, Associazione CRISEA, Accademia delle Tradizioni Enogastronomiche di Calabria,
Fondazione PINTA ITS, FAI Cisl Calabria, ACAI (Associazione Calabrese Archeologia
Industriale), FAI Cisl RC e Associazione Parco Agricolo Calabria, chiederanno un incontro